Il corpo è la frontiera tra il mondo esterno, ovvero quello che percepiamo con i sensi, e il nostro personalissimo mondo interiore, un sistema di segni per mezzo del quale l’uomo comunica.

Sono sempre stata attratta dal movimento possente ed energico del corpo, da chi riusciva con un gesto o un semplice sguardo ad esprimersi.

Ogni uomo è un personaggio e nello stesso tempo è anche l’autore e l’attore protagonista di una storia che egli stesso racconta.

L’isola è lo spazio in cui “l’io” mette in scena concretamente l’eterno scontro tra desiderio di felicità e insuccesso, compie lo sforzo constante di superare l’ostacolo, la resistenza che sempre e da sempre gli oppone la realtà e come tale essa è esperienza del dolore.

Da questo confine il siciliano guarda le contraddizioni del vivere, senza mai rinunciare da un’aspirazione di cordialità e di colloquio ad un’apertura sentimentale verso gli uomini e le cose. La luce del sud con tutte le sue sfumature e gradazioni viene rappresentata come un’esperienza unica che segna in modo profondo la psicologia degli isolani. L’impulso alla felicità, generato dalla sua prorompente luminosità viene continuamente contrastato dalla sua parte luttuosa che genera malinconia. I siciliani si lamentano della propria terra per abitudine ma il legame con questa è un legame forte, profondo, intenso, quasi viscerale.

Il senso di appartenenza all’isola è quella stessa condizione che ci porta a ritornare nella stessa terra allo stesso modo in cui ci spinge a lasciarla.

Diventa un amore tormentato quello che noi nutriamo nei confronti della Sicilia, uno di quegli amori folli che sai di non poter vivere quotidianamente ma di cui non puoi farne a meno. Isolati dal mare ma affacciati sul mondo: questa è la limitazione dei siciliani, vogliosi di scoprire cosa sta dall’altra parte e spaventati all’idea di lasciare ciò che è certo e conosciuto. Ogni siciliano è difatti un’irripetibile ambiguità psicologica e morale; una scommessa sulle proprie radici e investimento sul futuro.

Tutto ciò che concorre alla composizione di un discorso senza far uso di parole è per me la chiave che porta intimità a quella comunicazione.

Sono Siciliana: la gestualità fa parte di me.

Con questa mia ricerca tesi ho cercato di indagare la gestualità tipica dei Siciliani, approfondendo il loro modo di porsi e comunicare con l’altro.
Attraverso l’uso della macchina fotografica ho registrato cosa accadeva in strada, tra la gente, con pazienza e determinazione.

Giorno dopo giorno, di luogo in luogo ho raccolto storie, attimi di vita e le emozioni espresse dai personaggi più vari.


Ho presentato il mio lavoro in uno spazio espositivo mettendo in relazione i tre linguaggi utilizzati nella mia ricerca: fotografia, video e suono. La fotografia racconta il silenzio e la storia dei luoghi abitati e trasformati dall’uomo. Tre diversi video collocati nello spazio mostrano il linguaggio del corpo. Il suono attraversa le immagini proponendo paesaggi sonori e voci.

Durante la mia ricerca ho capito che solo uscendo dalla propria comfort zone si può ampliare davvero la propria conoscenza Vivere nel proprio spazio, col proprio ritmo e linguaggio senza farsi turbare o stravolgere da fattori esterni è senz’altro la scelta più comoda, ma con il tempo ho scoperto che andare in crisi fa bene e che, al contrario di quello che siamo abituati a pensare, è costruttivo.

Marta Ferro